Abisso Plutone 

Una grotta dalla triste fama sul carso triestino

 

L'abisso di Plutone è tristemente conosciuto più come una foiba utilizzata dall'esercito di Tito nell'immediato dopoguerra piuttosto che come una cavità carsica. Procediamo con ordine.

Durante l'immediato dopoguerra, quando Trieste passò sotto il controllo della Jugoslavia, la forte deitalianizzazione attuata dai titini portò all'uso di diverse grotte, sia in Italia che sul territorio jugoslavo, come fosse comuni per gli eccidi perpetrati dall'esercito jugoslavo. Le persone venivano legate tra loro con del filo spinato. Una volta condotte al bordo dell'abisso, al primo veniva sparato un colpo in testa, trascinando inevitabilmente con sé tutti gli altri. La caduta in un pozzo profondo più di 100 metri completava l'orrore. Tuttavia, alcuni riuscirono a salvarsi, poiché i corpi degli altri attutirono l'impatto con le rocce. Questi pochi fortunati sopravvissuti hanno potuto così testimoniare i tragici eventi di quei giorni.

Il recupero delle salme all'inizio del pozzo d'accesso 

I resti di un corpo recuperato

Per nascondere le prove di questi massacri, i titini minarono l'ingresso della grotta, convinti che le pietre cadute avrebbero ostruito l'accesso alla cavità. Tuttavia, il risultato fu l'ulteriore allargamento del pozzo. Nel 1947, furono recuperati dalla grotta 21 corpi. Alcuni di essi furono identificati, mentre per altri non fu possibile effettuare il riconoscimento.

Negli anni, la grotta fu utilizzata anche come discarica. Nella primavera del 2007, i ragazzi della Società Speleologica San Giusto, nel corso di un'operazione di pulizia delle grotte estrassero tonnellate di rifiuti, tra cui vennero rinvenute alcune ossa umane. Le autorità posero la grotta sotto sequestro per accertare l'identità di quelle ossa. Oltre agli eccidi del maggio 1945, nell'abisso morirono anche altre persone; chi scelse di suicidarsi, chi per incidente e un caso misterioso, quello di Giuseppe Marzi. Il suo corpo senza testa fu ritrovato nel 1975 sul fondo del pozzo, quattro anni dopo la sua scomparsa. La testa non venne mai ritrovata. Una leggenda narra anche di una ragazza che nel 1800 finì nella grotta col suo carro e non fu mai ritrovata.

Il rilievo della grotta

La grotta si apre con un imbocco strapiombante al fondo di una bella dolina adiacente alla strada che da Basovizza porta a Gropada. Scoperta probabilmente nel 1894 dai giovani del Circolo Hades. Profonda 190 metri con uno sviluppo planimetrico di 168 metri. L'accesso avviene tramite un pozzo di 115 metri quasi privo di concrezioni, mentre alla sua base una ripida galleria conduce alla grande sala finale. Essendo una grotta molto visitata da oltre un secolo, le pareti della sala sono ricoperte di scritte e firme lasciate dai visitatori nel corso degli anni. Tra queste, spicca quella datata 27 giugno 1920, apposta da Cesare Prez, pioniere della speleologia e autore di numerose scoperte.

Sulla sinistra, in rosso, è visibile la scritta di Cesare Prez

La discesa all'inizio del pozzo

Nota importante: È fondamentale prestare molta attenzione nei pressi della grotta e non avvicinarsi al bordo del pozzo, a causa della forte inclinazione e dell'erba scivolosa. Si sono registrati diversi incidenti dovuti a queste condizioni.

 

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