Monte Cornetto 

Nella verde Valcellina un itinerario fuori dai sentieri affollati

 

Nel territorio della Valcellina, il Monte Cornetto veglia sulla valle del Vajont con un profilo netto e severo. I suoi fianchi, vestiti di boschi e incisi in balze dirupate, promette fatica. La salita, oltre mille metri di dislivello, non regala molta tregua ma ripaga a ogni tornante con aperture improvvise tra le fronde. Si guadagna quota prima su sentiero, poi su piccoli sassi che salendo diventano più grandi, quindi più faticosi da passare. Sulla via si possono vedere anche le rovine delle case in pietra dei pastori, che un tempo venivano usate come riparo. Molto suggestivi, oggi perfettamente integrati nella vegetazione, si inseriscono nel bosco a perenne ricordo di un passato rurale ormai scomparso.

Dopo circa due ore di cammino il sentiero si apre in un breve falsopiano, perfetto per tirare il fiato. La spianata, però, dura poco. Una cinquantina di metri più avanti la traccia si impenna di nuovo e risale decisa fino a una forcella, dove un cartello di legno indica il Rifugio Zanette. Superato il valico, il fondo cambia. Le piogge dei giorni precedenti hanno impastato fango e foglie, rendendo la discesa e la risalita scivolosa. 

                                                   L'inizio del percorso

I resti delle case dei pastori                                                   

Il sentiero verso il bivacco e la cima continua ripido, tagliando campi di ortiche; nel bosco fitto, qua e là, si aprono piccoli tagli di panorama. Dopo mezz’ora arriviamo nei pressi del rifugio. Li una fontana ci accoglie. L'acqua ha un lieve gusto di ferro, ma va bene, la voglia di berla fresca è troppo grande. Poco oltre, accanto alla vasca, emergono le rovine dell’antica casera. Muri perimetrali, travi incrociate come ossa sparse sulle pietre. Proseguiamo verso il bivacco, poco più avanti, su un pianoro assolato. Posto perfetto per fermarsi a mangiare. Dopo una breve sosta riprendiamo il cammino. Dalla fontana imbocchiamo il sentiero che sale a sinistra verso la cima. I primi minuti scorrono all’ombra del bosco; dopo una decina di minuti gli alberi si diradano e la vista si apre. Appare il Pian Grant, un altopiano luminoso un tempo adibito ad alpeggio. Qui troviamo una seconda fontana, con abbeveratoio, e una targa con incise parole di Pasolini.

                            La piccola sella con i cartelli per la casera

Le rovine della vecchia casera                                              

Continuiamo verso la vetta. La traccia non è sempre netta, ma poco più avanti un sentierino riprende e si snoda in cresta. Una volta arrivati sulla prativa cima la fatica si dissolve all’istante. Il panorama corre a 360 gradi. Davanti a noi il Duranno, il Resettum, il Pradut e Col Nudo; più in basso i monti Zerten e Toc, il paese di Erto e ciò che rimane del lago del Vajont.

Ci concediamo ancora qualche sguardo alla vista, ampia e silenziosa, e poi iniziamo la discesa. Ci vorranno circa due ore. Il cielo non promette nulla di buono. Dalle montagne attorno scendono nubi basse, grigie e pesanti, dirette verso di noi. Tuoni e lampi in lontananza ci accompagnano durante il cammino. Comincia a piovere, ma sono gocce rade, più rumore che acqua. Nel bosco le chiome trattengono quasi tutto, arriviamo al parcheggio praticamente asciutti.

                                                   Il pianoro del Pian Grant

La croce di vetta                                                            

FOTOGRAFIE 


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