Mrzli Vrh
Ma sull'Isonzo il soldato impara a sopportare tutto. Il feddo, il caldo,l'umidità, la polvere, il giaciglio di sassi, la mancanza d'acqua. Egli vince la paura delle mine e delle torpedini, delle bombe che cadono dal cielo e delle esplosioni che sconvolgono il terreno. Dei pugnali, delle granate e anche del fuoco tambureggiante. Si abitua a tutto, anche quasi alla morte. Solo al Mrzli Vrh egli non si abitua.
Alice Schalek (Isonzofront)
Ho scelto di citare una frase della giornalista austriaca Alice Schalek, all'epoca l'unica donna autorizzata a visitare i campi di battaglia, tratta dal suo libro "Isonzofront". Questo per chiarire immediatamente il tema trattato. I combattimenti sul Mrzli furono autentici massacri, in particolare quelli del 1917, precedenti alla battaglia di Caporetto. È significativo considerare che, sebbene la frase provenga da un cittadino austriaco, furono i soldati italiani a subire le perdite maggiori sul Mrzli, rivelando così la reale portata di quelle atrocità. Nonostante tutti i luoghi di combattimento siano stati teatro di massacri e atrocità, pochi possono vantare un primato in tal senso. Tra questi, spiccano la Quota 383 di Prižnica. (Qui trovate il link per l'articolo di Quota 383) che gli austriaci chimarono "la quota insanguinata", o i combattimenti sul monte San Gabriele (qui il link all'articolo sul San Gabriele) dove i bombardamenti italiani abbassarono la cima del monte di dieci metri. Non basterebbe un intero libro per descrivere dettagliatamente tutto ciò che accadde su questa cima durante il primo conflitto mondiale. Il mio obiettivo è sintetizzare, in poche righe, gli avvenimenti e i momenti salienti di questo triste luogo.
Il Mrzli vrh, (Cima Fredda), raggiunge un'altitudine di 1.360 metri e fa parte del Gruppo del Monte Nero nelle Alpi Giulie. Situato nella media valle dell'Isonzo, in Slovenia, dove l'Isonzo dalle inconfondibili acque color smeraldo crea una suggestiva ansa, si trova il paese di Tolmino. A nord di questa ampia conca, si erge il maestoso Mrzli vrh, una montagna caratterizzata da ripidi e scoscesi versanti. Dal punto di vista escursionistico, è una meta molto ambita anche grazie allo straordinario panorama che si può ammirare dalla sua vetta. Il bellissimo paesaggio, la natura rigogliosa, i tanti sentieri che circondano la zona che offrono delle stupende passeggiate, fanno grande contrasto con i tristi avvenimenti qui avvenuti durante la Grande Guerra.
Il monte è stato uno dei luoghi più contesi del fronte isontino, sia da parte austro-ungarica che da quella italiana. Nonostante ciò, non è molto conosciuto e nella vasta bibliografia della Grande Guerra. In molti testi viene solo brevemente accennato, in altri non lo si trova neppure. Con i suoi 1.359 metri, domina un lungo tratto della valle dell'Isonzo, motivo per cui fu scelta dai comandi austro-ungarici come punto strategico della loro linea difensiva. Insieme alle colline di Santa Maria (Mengore), Santa Lucia (Selski Vrh) e Bučenica, costituiva un baluardo impenetrabile per Tolmino. Fin dalle prime offensive del maggio 1915, l'esercito italiano tentò di conquistare la vetta. Sfruttando l'impeto iniziale, i fanti dell'8ª Divisione, insieme al 12° Battaglione Bersaglieri e ai Battaglioni Alpini Exilles e Pinerolo, raggiunsero la quota di 1.160 metri sul versante sud-occidentale (oggi noto come Planina Lapoč), ma furono fermati. Tutti i successivi assalti per raggiungere la cresta si rivelarono infruttuosi. Iniziava così la guerra di posizione, la guerra di trincea, l'inferno del Mrzli vrh. I soldati non dovevano affrontare solo il nemico, ma anche condizioni ambientali estremamente avverse. Durante l'inverno, la montagna si copriva di uno spesso strato di ghiaccio ed era battuta da venti gelidi; in primavera, il disgelo riempiva le trincee di acqua gelida, causando numerosi casi di congelamento agli arti inferiori. Durante l'estate, i ricoveri e le baracche di lamiera rovente diventavano insopportabili, con un caldo atroce e scarsità d'acqua. L'autunno si rivelava il periodo peggiore; le abbondanti piogge delle Alpi Giulie trasformavano il terreno in torrenti di fango che si insinua ovunque, spesso travolgendo le opere difensive.
Nel 1917, quando la brigata Caltanisetta era schierata sul Mrzli, i soldati dovettero affrontare non solo le già citate condizioni ambientali, ma anche l'umiliazione di quella che veniva chiamata "la tradotta". Gli austriaci, posizionati sopra le linee italiane, gettavano quintali di rifiuti sulle baracche delle postazioni italiane, situate su angusti speroni di roccia. Queste valanghe di rifiuti provocarono la caduta di molti soldati italiani nei burroni sottostanti.
Abbiamo visitato il Mrzli in una soleggiata giornata di metà giugno, seguendo il sentiero che parte dal parcheggio di Planina Kuhinja. Il percorso, largo e ben definito, è circondato da pascoli dove le mucche pigramente bruciavano l'erba sui ampi prati. Una volta giunti a Planina Lapoč, è possibile scorgere nella boscaglia i resti delle prime postazioni italiane. Da lì è possibile raggiungere la cima, ma noi abbiamo deciso di deviare verso Planina Pretovč. Superate le stalle, abbiamo scelto di continuare fuori sentiero, affidandoci alle mappe militari dell'epoca e confrontando la nostra posizione con il GPS, nella speranza di trovare resti nella boscaglia. La progressione si è rivelata subito difficile; la forte pendenza e la vegetazione fitta complicavano notevolmente il cammino. A rendere ulteriormente pesanti i nostri passi ci si è messo anche il fango. Anche se non ci sono state precipitazioni in quei giorni, nella boscaglia, dove la luce penetra a fatica, il fango continuava a persistere. Pensai così a quei poveri ragazzi che in quel fango hanno dovuto vivere e morire.
La nostra ricerca non ha prodotto grandi risultati: abbiamo trovato schegge di ferro sparse ovunque, shrapnel austriaci e i resti di quello che sembrava essere una postazione per mitragliatrice.
Coppia di shrapnel
Riprendendo il sentiero che conduce alla cima, siamo giunti alle caverne austriache, dove in una di esse hanno edificato un altare dedicato alla Vergine Maria. Gran parte di queste caverne presenta gallerie allagate, quindi è necessario prestare attenzione durante la visita e avere con sé una buona fonte di luce. Nella zona circostante la cima, è possibile scorgere numerosi resti che affiorano dalla vegetazione. Residui di fortificazioni e varie postazioni sono ancora ben visibili in tutta l'area. Al il ritorno siamo scesi per il sentiero che porta verso cima Petrovč, dove ad un certo punto si trova il bivio per Planina Sleme. Prendendo il sentiero di sinistra si ritorna al parcheggio su uno stretto e ripido sentiero, che ripaga la vista con un magnifico panorama.
L'altare dedicato alla Vergine Maria in una cavità austriaca
FOTOGRAFIE

Cavità con l'altare

Gallerie allagate

Cavità austriache dove si trova l'altare

Panorama

Cavità italiana con piccola cascata

Cavità italiana

Resti di fortificazioni austriache

Dalla vegetazione affiorano i resti

Resti postazione italiana

Postazione per mitragliatrice

Resti nel bosco

Postazione di mitragliatrice con targa

Monumento austriaco

Particolare del monumento
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